Book – “Resistenti Leva militiare ‘926”

Pierina Tavani, nome di battaglia Stella, staffetta partigiana

Resistenti Leva militare ‘926

di Francesco Niccolini, Roberta Biagiarelli,  Franco Sprega
prefazione di Ascanio Celestini
fotografie di Lucia Baldini

Un racconto teatrale per intrecciare una serie di fili della memoria e generare nuovi racconti: così un coro di voci e volti dà corpo a “Resistenti. Leva militare ’926”, viaggio nella Resistenza italiana che fa del territorio piacentino della Val d’Arda un caso esemplare, ricco di umanità e ferocia, entusiasmo e contraddizioni, orrore e pietà. E sessant’anni dopo ritrova quei giovani che lottarono per la libertà: ma su quei volti, ora ottantenni, molto altro, ormai, si può leggere…
Titivillus edizioni  febbraio 2006

 http://www.luciabaldini.it/wp-content/uploads/2014/08/prova2.pdf

testo resistenti di lucia Baldini

    

SALENDO TORNANTI
di Lucia Baldini
Quegli occhi, quegli sguardi, che sto cercando, che vorrei rimanesse-
ro indelebili alla mia memoria e anche alla memoria di chi non vuol
far fi nire un momento di storia fondamentale per la nostra democrazia,
espressioni semplici, fatti di umanità, di vita, di fatica, di utopie trasfor-
mate in un vissuto dedicato a perseguire valori intimi e coerenti.
Sono sguardi che devono essere cercati, scovati, raggiunti in appartamenti
di periferia e a volte ti chiedono che ti arrampichi sulle curve di una bellis-
sima montagna, salendo tornanti oltre il “ponte del diavolo” e poi ancora
su, un nucleo di poche case, dove l’odore della paglia depositata nel fi e-
nile si fa sentire fi ero e ti domandi come possano resistere al vento quelle
tegole di pietra sovrapposte ad una ad una sui tetti delle case. Occhi che
con delicatezza assordante ti accolgono nella loro vita, anche se per poco
tempo: minuti indimenticabili, coraggiosi. Quegli sguardi che adesso vi-
vono ai margini di un mondo troppo veloce, troppo distratto, incapace di
capire cosa puòessere stata la nostra Italia sessant’anni fa. E quando li rag-
giungi, dopo un attimo di esitazione, forse di pudore e anche di sorpresa
per essere ancora cercati da qualcuno piùgiovane, qualcuno che sa di quei
giorni solo per la volontàdi non dimenticare, allora quei visi lentamente
si allargano, si fanno guardare sino in fondo, si lasciano leggere. Riuscire
ad annullare l’esterno e ascoltare il racconto di quegli occhi èun’esperien-
za forte, intensa e a volte anche dolorosa. Sono sguardi che fi eramente e
allo stesso tempo umilmente ti concedono di entrare nelle loro vite, dove
ci leggi guizzi di gioia, di passione, determinazione e dopo un secondo
velature di rinunce, di sconfi tte, disillusioni e sofferenze.
E quelle espressioni a volte si aiutano con le mani a darti tutti gli ele-
menti per capire davvero cosa stanno raccontando. Mani che sanno usare
gli attrezzi dei campi, che con una stilografi ca e poi una biro hanno ag-
giornato i registri della compagnia dei tram, che aiutano la mucca a far
nascere vitelli, e hannoimparato a trattare una pianta perché
possa dare i suoi frutti migliori. Quelle mani che un giorno hanno accarezzato una
donna e che ancora oggi, con tutto il loro vissuto continuano ad acca-
rezzare quella donna, luoghi di determinata dolcezza che hanno cullato
i propri fi gli, i nipoti. E quando quelle mani ti prendono e ti avvicinano
a loro facendoti sentire il proprio sguardo così delicato, così
amabile, allora, veramente, un fi ume di parole dette in silenzio entra nei tuoi occhi
ed è difficile quelle parole dimenticarle.
E poi gli odori. Che universo l’odore, il profumo di ogni singola casa.
Appena varchi la soglia della casa quell’aroma ti accoglie e contribuisce
a raccontare una vita, ed èemozionante la sensazione di entrare nell’in-
timo di quelle storie. Ma a volte non ci sono più
sguardi ad aspettarti, mani a raccontarti la fatica, gli anni, magari la passione
per la tromba, per il sapere attraverso la
lettura di molti libri, oggi ben esposti nella libreria di noce del salotto.
Rimangono solo alcuni oggetti a parlarti, dei piccoli quadri, le scarpe,
una scatola di legno, un quaderno scritto con meticolosità per non per-
dere nemmeno un frammento di memoria, una gavetta in alluminio che
diviene il luogo per fermare ogni passione e ogni utopia.
E quello sguardo lo cerchi allora in una piccola foto, in un libro abbando-
nato, in una prima pagina di un giornale con una notizia trionfante. Cer-
chi le mani attraverso gli oggetti che nella quotidianità possono essere
stati sfi orati mille volte. Speri che qualche traccia di odore possa ancora
abitare in un angolo della casa, magari aprendo un’anta dell’armadio.
Il formicolìo allo stomaco aumenta, gli occhi e le narici sono iperattivi
nella volontà di immagazzinare profondamente ogni traccia di quegli
sguardi, di quelle mani, di quei profumi.
Esci di casa, li saluti, riprendi a scendere la montagna con le sue tante
curve e un silenzio ti avvolge. Ti rimangono addosso le parole, i rac-
conti, l’intensità di un ricordo, ma soprattutto quegli occhi, lo sguardo
affettuoso e sincero, le mani forti e stanche e l’odore di una vita che ti
accompagna sulla porta di casa.