INSTALLAZIONE – FJW 2022 Florence Jewellery Week


Segni sul volto

nuovi spazi di confronto e progetto

Seminario/workshop di PROGETTAZIONE COLLETTIVA

La realizzazione del progetto SEGNI SUL VOLTO è stata possibile grazie a LAO – Le Arti Orafe, scuola internazionale di oreficeria, fondata a Firenze nel 1985 e diretta da Giò Carbone.

Installazione di Lucia Baldini per il progetto “Segni sul volto” a cura di Carla Riccoboni per LAO Firenze

 

L’uno che si fa comunità

Sono stata coinvolta nel progetto quando aveva già una bella e solida colonna vertebrale e anche una notevole muscolatura. Non è mai facile prendere un treno in corsa, soprattutto se si conosce un solo vagone di tutto il convoglio. Ma a noi, persone curiose, le situazioni come queste stimolano e la voglia di inventare qualcosa che possa aggiungere un vagone, senza limitare la fluidità dell’andare, piace molto. E così, una mattina di pioggia intensa nella Firenze invernale, mi ritrovo nel bellissimo spazio creativo LAO, circondata da un nutrito gruppo di persone, con palese differenza di approccio che, nell’unicità di ognuno, stavano confrontandosi per creare una sintesi concreta dei loro pensieri, esperimenti, errori, progettualità e visionarietà. Al centro di questa babele di visioni e di esperienze c’era Carla Riccoboni che teneva e tendeva le fila e ognuno aggiungeva e toglieva e trasformava proposte e idee.

Come succede quando una persona si trova dentro un vortice, devi, in tempi molto stretti, valutare tutti gli elementi e trovare una soluzione. Ho avuto circa 6 minuti e 13 secondi per ascoltare il senso del progetto e rispondere alla domanda: e tu Lucia, cosa potresti aggiungere come fotografa a tutto questo? Tale compressione di tempi e dinamiche non è stata per leggerezza nel relazionarsi con un nuovo interlocutore che, in così poco tempo si confronta con la creativa, la sperimentazione e l’esperienza degli altri, ma semplicemente perché i tempi erano stretti. Lapalissiano. C’erano ancora molte idee nell’aria e io magicamente sono stata assorbita nel gruppo progettuale come se ne facessi parte da sempre. E allora non si può titubare o frenare, si apre la mente, si ascoltano le emozioni e si porta il proprio contributo così, con generosità, senza troppi paracaduti. Mi è arrivata un’idea subito, netta, visiva, concreta e penso anche molto aderente. E la mia risposta al 7° minuto è stata: vorrei fare un ritratto a ognuno di voi e poi costruire un “contenitore” che metta in trasparenza, in filigrana ogni vostra singola identità, creando così una somma di unicità capace di disegnare una nuova identità, che è quella collettiva che è stata capace di usare e allo stesso tempo abbandonare il proprio Io, costruendo un’opera conclusiva a sintesi di tutto il processo creativo e fattivo. Da li a poche ore ho allestito un semplice set fotografico e ad uno a uno, mi sono relazionata con ogni membro del gruppo di lavoro, assorbendo da ognuno la sintesi più intima della loro unicità. Il mio obiettivo è stato quello di coglierla e raccontarla attraverso un ritratto. Ho chiesto che ogni persona fotografata fosse a dorso nudo, non per vezzo o per estetica, ma semplicemente, per riuscire a togliere ogni possibile orpello o maschera che potesse influire sull’unicità della persona.

Tutti i ritratti sono stati stampati su un supporto rigido trasparente e montati uno su l’altro in una struttura rigida, lasciando però una piccola intercapedine tra ogni singolo ritratto inteso come singolo respiro, che allo stesso tempo, nella successione e serialità dei volti, crea un grande e unico coro.

 

The one that becomes community

I would like to make a portrait of each of you and then build a “container” that puts in transparency, in watermark each of your individual identities, thus creating a sum of uniqueness capable of drawing a new identity. A single identity that has become collective and has been able to use and at the same time abandon its own ego, building a final work as a synthesis of the whole creative process.

I asked that each person photographed be bare-backed, not as a mannerism or for aesthetics, but simply to be able to remove any possible frill or mask that could affect the uniqueness of the person, reaching a depth of vision capable of putting in transparency the individual, freed from any superstructure.

                                                                                                                                                                              Lucia Baldini


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installazioni segn sul volto © foto lucia baldini

       

   

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