Book – “Giorni di Tango”

Giorni di Tango Auditorium Edizioni 1997 I° Edizione
Giorni di Tango II° e III° edizione
Giorni di Tango Auditorium Edizioni 1997 - 1999 - 2000

Giorni di Tango

di lucia baldini

Buenos Aires, 6 gennaio 1997

Gentilissima Signora Baldini,
con piacere accuso la ricezione del menabò di “Giorni di Tango” e del Suo notevole corpus fotografico: plaudo all’iniziativa e alla leale affrancatura che me l’ha convogliata fin sotto casa.
Approvo incondizionatamente, inoltre, la scelta del post-fatore: dal mio privilegiato osservatorio del Cafè Celta infatti, sovrintendo come un magnate a tutto quanto abbia ad incrementare l’apodittico cielo di Tango, dalla nouvelle liaison tra Pulpo Brazadela e la Turca, all’ultima, speriamo, coreografia di Don Lurio.
Un’occhiata all’incorruttibile orologio-calendario della birra Quilmes e passo ipso facto dai cauti paludamenti che tutelano il flaneur di Avellaneda in trasferta nel Centro al chiassoso advertising dell’erogatore di cocomeri a domicilio: Buon Anno del tango!
Non è mia intenzione, come si suol dire, pregiudicare con pronostici il prezzo delle patate, ma nemmeno lesinerò l’ottimismo: l’anno nuovo non sarà impropizio alla Tango Fashion in tutte le sue forme e ai numerosi detentori del suo magistero, che infatti hanno preso a riprodursi improvvisamente secondo un diagramma esponenziale. Aggiungerò che la felice apertura della saison qui a Buenos Aires non potrà che estendere la proiezione dei suoi benefici raggi sulla totalità dei Tangueros: il temuto compadrito dell’Orilla conseguirà senza fallo il tanto sospirato diploma di geometra; il Ferrocaril Oeste resusciterà dall’incongrua seconda serie, cui è stata condannata da un immorale goal a tempo scadutissimo di Guillermo Apostolo, l’inamovibile Fuorilegge dell’off-side e finalmente Jack Elam, con i suoi sopracciglioni da vilain, giungerà con l’organismo intatto ai titoli di coda del prossimo western. Non solo: le consanguinee dirette dei vostri rispettivi partners di ballo saranno ben presto assimilate alle loro colleghe medievali, grazie alle temperature elevatissime cui verranno sottoposte e perfino il nobile Fackof, fiduciario di tutti i miei risparmi alla quotazione di 600 a 1 nella terza corsa di ieri all’Ippodromo di Palermo, potrà probabilmente evitare l’auspicata macellazione e susseguente trasformazione in galassia di squisite bistecchine.
Tornando al nostro Tango, gentile Signora, nessun imbonimento per quanto vistoso e nessun mecenate per quanto solvibile, potrà mai indurmi ad ingannarLa con il dichiarare che il Suo libro sarà lo smart buy dell’anno in tutti i paesi in cui vige il Sistema Decimale. Nelle Sue fotografie, infatti, non ci sono obelischi, né pittoresche stamberghe di lamiera colorata; latitano i regolamentari basettoni da guappo e mancano i lustrini, le piume e le rose, nonché gli agglomerati disomogenei di perle e brillanti. I lettori si domanderanno preoccupati: cosa mai avrà trattenuto altrove gli altrimenti perenni ballerini della Boca? E dove saranno andati a finire il Farolito, l’assortimento di coltelleria in acciaio inox, le calze a rete da tonni, le giarrettiere di pizzo, i cappelli simil-Borsalino, la brillantina Lord Cheseline, il lengue tovagliolo, i cantanti confidenziali, l’abbigliamento da veglione, i sorrisi in metalcrilico e in generale tutte le perniciose suppellettili accatastate per decenni sui poveri corpi dei Tangueros?
Lei piuttosto fotografa l’assenza, la sottrazione, il pudore quando non addirittura la vergogna trasfigurata. Il Suo è un Tango privo di chincaglieria: così come negli spettacoli off-Corrientes le prime valigie di pegamoide e le avvisaglie di sedie Thonet preannunciano l’avvento della sigizie Tango-Tanz Theater nel vuoto assoluto. Lei ritrae inespugnabili ragazze sole nell’androne, o all’interno di case dal fitto esagerato, il geniale bandoneista chez lui e il grande chitarrista desenchufado,* il dettaglio di una ringhiera, le rughe sul vasto cuore di Pepito, la celebre coppia sul palcoscenico – TUTTI nell’immninenza di una cerimonia e di una liberazione. Poiché il Tango non è rito, allora è solamente oggettistica, buon senso dei parenti, persistente ribollire di oscure minestrine di cavolfiore, presagite pianelle al di là della porta blindata del tinello a ribadire la lucentezza del pavimento, gita famigliare, orrore dell’impiego. L’atarassia dei filosofi e una realtà governata manu militari ci hanno convinto che la liberazione è impossibile, che moriremo piccoli borghesi nella melassa del benessere e del bibelots. Ebbene il Tango è il dimostrarci che la vita è in quel sentore di miniera (n.d.t. Miniera in castellano è “mina” che nel gergo del tango indica una “ragazza”) inesplorata e in quello swing tutto particolare del Tango che è “arrastrar” trascinarsi, rimanere indietro, non partecipare, perdere tempo.
Il Tango è Epica popolare, sentimento romantico, riflessione sul tempo e mille altre cose, nessuna delle quali SI VEDE: auguri a Lei e a tutti i fotografi che vorranno interpretarlo con le immagini.

Il Suo devoto
Marco Castellani

*Noto non senza stupore l’elisione del cospicuo bandoneonista Transito (un nome un destino) Cocomarola.

 

Auditorium edizioni I° 1997, II° 1998, III° 2000

in allegato un cd con musiche di Cesar Stroscio e Luis Rizzo (Materiali Sonori)